Mahouka Koukou no Rettousei:Volume 6 Capitolo 4

From Baka-Tsuki
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Capitolo 4[edit]

Quel giorno dovevano consegnare la tesi, lo schema della presentazione e i materiali alla scuola.

Suzune, Isori e Tatsuya non avevano intenzione di ridursi a fare il lavoro di fretta il giorno prima della consegna, quindi avevano creato il disco dati il giorno prima.

Durante la pausa pranzo si riunirono per rivedere la lista di controllo finale, che non riguardava i contenuti in sé, ma esaminava il contesto e la maniera in cui avrebbero presentato i punti salienti. Dopo aver passato la loro ispezione, seguirono il suggerimento di Haruka e Suzune consegnò di persona il disco dati a Tsuzura.


“Il consiglio di Ono-sensei di non consegnare la tesi online ha a che fare con l’incidente di ieri?”


Chiese Isori dopo aver terminato la parte di cui era responsabile.


“Forse.”


Dopo aver finito il suo compito (il carico di lavoro assegnato a uno studente del primo anno non era per niente leggero), Tatsuya rispose in un sussurro per evitare di distrarre Suzune.


“Sarebbe molto più semplice hackerare da dentro il campus per dare un’occhiata alla rete.”

“Anche così è piuttosto difficile.”


Isori scrollò le spalle al commento di Tatsuya.

Allo stesso tempo, accompagnata dal suono della tastiera (il suono della tastiera tradizionale favorita da Suzune), Suzune si girò verso di loro.


“Era davvero una studentessa della nostra scuola?”


Dopo aver finito la sua ispezione, Suzune organizzò il materiale e si unì alla conversazione.


“No, non è certo.”

“Non sarebbe poi così difficile ottenere un’uniforme della scuola.”


Sentendo le risposte di Tatsuya e Isori, Suzune si mise a riflettere.


“Isori-kun e Chiyoda-san dovrebbero aver accesso al registro degli studenti.”


Isori era un membro del Consiglio Studentesco e Kanon era il capo del Comitato per la Pubblica Morale, quindi avevano il potere di esaminare il registro degli studenti. Ovviamente, la quantità di informazioni private disponibili era pari a zero, quindi avrebbero potuto fare solo una rapida ispezione delle foto.


“Kanon è stata l’unica a vederle parzialmente il viso, quindi dobbiamo stare attenti a non escludere la sospettata. Inoltre, con quasi trecento ragazze nel campus, non c’è modo di identificare il nostro obiettivo se non restringiamo il campo a un numero ragionevole.”


Isori non stava trattando la situazione come ipotetica.

In realtà, quelle erano le parole che Kanon aveva pronunciato la mattina stessa dopo aver ispezionato il registro.


“L’unica cosa che possiamo dire di ieri è che una parte stava inseguendo l’altra. Anche se sapessimo chi è la responsabile, potremmo solo metterla sotto sorveglianza, che sarebbe come non fare niente.”


Suzune e Isori sapevano cosa intendeva Tatsuya.

Monitorare studenti che non avevano infranto alcuna regola (tecnicamente, usare una granata stordente durante la fuga poteva costituire un problema) poteva portare ad una denuncia per stalking.

A quel punto, non potevano fare altro che stare in guardia.


◊ ◊ ◊


Quando Tatsuya tornò in classe, vide che Erika aveva già usurpato il suo posto.


“Ah, sei piuttosto mattiniero oggi.”


Avvertì rapidamente la presenza di Tatsuya e si alzò dalla sedia.

Non era così impudente da continuare a occupare il suo posto. Dopo che Tatsuya si fu seduto, lei si sedette sul bordo del banco, il che era una gran prova di moderazione da parte sua.


“Di cosa stavate parlando?”


Tuttavia, come Erika aveva osservato, Tatsuya era arrivato presto quel giorno.

Tatsuya si mise subito a usare il terminale, ma chiacchierò un po’ con Mizuki, che sedeva al suo fianco.

L’obiettivo della conversazione era Mizuki perché aveva un’espressione preoccupata in volto.


“Ha detto che ha percepito qualcuno che la spiava.”


Tuttavia, fu Erika a rispondere.


“Che la spiava?”


Alla domanda reiterata, Mizuki annuì, esitante.


“Stamattina presto ho sentito uno sguardo irritante su di me. Uno sguardo nauseante che si nasconde nell’ombra.”

“Può essere uno stalker?"

“Impossibile. Non sono un obiettivo valido cui puntare.”


La possibilità più probabile venne presentata per prima, ma Mizuki la negò ripetutamente scuotendo la testa, come se volesse dissipare un’idea ridicola.


“Non sono io l’obiettivo. Credo di essere parte di qualcosa di più ampio, di una rete che sta venendo estesa attorno a noi.”


Le sue parole erano vaghe probabilmente perché non riusciva a spiegarsi molto bene.

D’altra parte, Tatsuya sapeva perfettamente cosa stava cercando di dire.


“In altre parole, l’obiettivo non è un singolo studente, ma molti studenti e professori o addirittura tutta la scuola. È questo che intendi?”

“Ah, uh… potrebbe anche essere una mia interpretazione errata.”


L'incertezza era una delle sfaccettature della personalità di Mizuki. Siccome non avevano prove, non c’era nulla da fare.


“No, credo che Shibata-san abbia colto nel segno.”


Tuttavia, come per rinforzare la confidenza in calo di Mizuki, Mikihiko arrivò e sostenne la posizione di lei.


“Da ieri mattina gli spiriti nel campus sono in un tumulto innaturale. Credo che qualcuno abbia invocato uno Shiki.”


Dato che Erika occupava il posto di Tatsuya, Leo non doveva continuare a girarsi come al solito. Tuttavia, si girò completamente alle parole di Mikihiko.


“Shiki, nel senso di shikigami della magia spirituale?”


Mikihiko annuì alla domanda di Leo.


“È un po’ difficile dirlo dato che usano un sistema differente dal nostro, ma c’è sicuramente un mago di origini ignote che sta curiosando qui in giro."

“Non è una cosa tanto rara, no?”


Anche lo scetticismo di Erika aveva senso.

Nonostante fosse una scuola superiore, erano comunque affiliati alle università della magia e avevano accesso a documenti importanti. Con tanti maghi di talento nel corpo insegnanti, il Primo Liceo era spesso obiettivo di individui che puntavano ad abilità magiche.


“In generale, se vengono bloccati dalle magie difensive delle mura, non ritornano lo stesso giorno. Ma questo avversario continua il suo assalto nonostante venga continuamente respinto. Il fatto che stiano cercando qualcosa non è sorprendente, ma è la prima volta che vedo una tale ostinazione da quando sono in questa scuola.”


Mikihiko rispose all’obiezione posata di Erika con una replica piena di confidenza.


“…Mikihiko, hai detto che hanno usato un tipo di magia differente dalla nostra, giusto?”

“Esatto.”


Mikihiko era preoccupato dalla scelta di parole di Tatsuya e annuì nervosamente alla domanda di Tatsuya.


“Stai parlando di uno shikigami di un ramo differente dello Shinto? O intendi una magia fondamentalmente differente dalla magia antica di questa nazione?”


Non aveva idea che i contenuti di una frase detta senza pensarci molto potessero essere interpretati in un altro senso; l’espressione di Mikihiko divenne solenne.


“Credo che non sia un incantesimo giapponese.”

“Ehi, state parlando di spie straniere?”

“È esattamente quello che intende, no?”


Gli occhi sgranati di Leo contrastavano completamente con le parole leggere di Erika, ma in realtà erano sulla stessa lunghezza d’onda.


“Che comportamento vistoso.”

“Stanno facendo quello che gli pare. Cosa diamine fa la polizia?”


Grazie alle parole di Tatsuya, Erika si arrabbiò con le forze di polizia.

Tuttavia, piuttosto che essere arrabbiata con i pubblici ufficiali che prendevano poco sul serio il loro lavoro, sembrava che stesse rimproverando i suoi familiari, il che confuse non poco Tatsuya e Mikihiko.


◊ ◊ ◊


Nel frattempo, l’ispettore Chiba della polizia della prefettura di Kanagawa, più che altro esiliato dall’ufficio principale al dipartimento di polizia della prefettura di Kanagawa, starnutì come da copione.


“Cosa succede ispettore? Sembra agitato.”


Il sergente Inagaki, che stava investigando l’incidente dell’ingresso clandestino al porto di Yokohama, rivolse uno sguardo all’azione sospetta del suo immediato superiore.


“Ah, per qualche motivo ho improvvisamente freddo.”

“Sta bene? Siamo già oberati di lavoro, non provi nemmeno a far finta di stare male.”

“Cosa vorresti dire con “far finta di star male”? Tu…”


La voce dell’ispettore Chiba aveva una nota di rimprovero, che Inagaki ignorò prontamente.


“Inagaki-kun, dovresti almeno rispettare la catena di comando.”


A queste parole, Inagaki guardò Chiba con scetticismo.

“Lei non è nella posizione di dire una cosa simile” era scritto in faccia a Inagaki, ma quello che disse fu del tutto diverso.


“Invece, dobbiamo continuare a raccogliere testimonianze? Dubito che troveremo altri testimoni anche se proseguiamo su questa strada.”


Inagaki non aveva torto. Dopo molti giorni a registrare testimonianze, non avevano ottenuto nessuna nuova informazione su quegli immigrati illegali.

Chiba fece una smorfia di auto-disprezzo mentre guardava Inagaki, per lui più un compagno che un subordinato.


“È ovvio che ci siano testimoni, è solo che non vogliono parlare.”

“Ispettore, intende…”


Inagaki sembrò cogliere qualcosa dal tono delicato del suo superiore mentre i suoi occhi si affilavano.


“Ehi, così spaventerai qualcuno.”

“Credo che lei, ispettore, sia quello terrificante. Ha notato qualcosa?”

“Rilassati, non ho fatto nulla al di fuori delle regole. Beh, dicono che i serpenti seguono i percorsi di altri serpenti, quindi andiamo a dare un’occhiata alla loro tana.”


Alla proposta di Chiba, Inagaki assunse un’espressione tutt’altro che volenterosa.


“Gli accordi segreti sono comunque contro la legge...”

“Credo che questo sia ancora in parametri accettabili, no? Non è il momento di preoccuparsi di piccoli dettagli come questi.”

“Uh… ma davvero?”


Mentre Inagaki annuiva e cercava una risposta adatta, Chiba si sedette al posto di guida dell’auto di polizia in borghese lì parcheggiata. Dopo che il suo compagno fu salito a bordo, Chiba si diresse verso la zona residenziale d’alta classe dominata da stranieri.


◊ ◊ ◊


La destinazione dell’auto dell’ispettore Chiba e del sergente Inagaki era il parcheggio di un caffè nell’area di Yokohama Hills. Dopo che Chiba ebbe spento il motore, Inagaki gli si rivolse con un’espressione acida.


“Ispettore, non ho nulla contro il prendersi una pausa di tanto in tanto, ma non stavamo andando alla ‘tana del serpente’?”


Al suo sottoposto, il cui sguardo lo stava palesemente accusando di pigrizia, l’ispettore Chiba rispose con un’espressione di rimpianto in viso.


“È questa la tana del serpente.”

“Ah?”


Dopo aver raggiunto il suo superiore, che era già sceso dall’auto e la stava chiudendo col comando a distanza, Inagaki guardò di nuovo il locale.

A prima vista sembrava un cafè tranquillo e pacifico. Le pittoresche finestre in stile baita di montagna avevano un paio di persiane che erano aperte e non cercavano di nascondere nulla.


“Ah, chiamarlo serpente sarebbe poco rispettoso nei confronti del proprietario. La sua rete di spionaggio è piuttosto sofisticata e non ha nemmeno precedenti criminali.”

“Sta dicendo che è un pesce grosso che non siamo ancora riusciti ad accusare di nulla?”

“Credo che preferirebbe il termine ‘affarista’ a ‘pesce grosso’”


L’ispettore Chiba scrollò leggermente le spalle e aprì le porte del “Rotterbart”.

Grazie alla vicinanza a posti turistici, c’erano parecchi clienti, nonostante fosse già passata l’ora di pranzo. Tuttavia, il posto non era molto chiassoso.

L’atmosfera all’interno sembrava riflettere la personalità del proprietario, visto che i clienti sedevano tranquilli a godersi i loro drink. Tutti i presenti appartenevano a una generazione leggermente più vecchia, ma presumere che fossero tutti turisti sarebbe stato sbagliato. La maggior parte di essi sembravano clienti regolari del locale.

Chiba si sedette sulla seconda sedia in un angolo del bancone (Inagaki era sulla prima) e ordinò due caffè al proprietario. Questi appariva un imprenditore, ma Chiba sapeva bene che non aveva abbandonato la sua altra attività. Tuttavia, la conversazione morì sul nascere prima che il caffè arrivasse, e sedere lì a non fare niente gli sembrava una perdita di tempo, quindi colse l’opportunità per guardarsi in giro.

Lontano, a lato del bancone, c’era una tazzina da caffè appena usata, che il proprietario non aveva ancora ripreso probabilmente perché il cliente era andato via di fretta. Che vergogna sprecare così un caffè tanto meraviglioso. Mentre rifletteva su quest’idea, annoiato, Chiba scoprì all’improvviso che mentre si era fissato sulla tazzina, il cliente che credeva fosse andato via di fretta era tornato.

La persona che si sedette al bancone era una giovane donna più o meno dell’età di Chiba.

Mantenne il viso rivolto di fronte a sé mentre occhieggiava la donna.

A prima vista non era una donna di un’incredibile bellezza. Indossava una normale giubba con gonna, ma a guardare meglio, possedeva fattezze delicate e un fisico straordinario.

Ciò diede a Chiba l’impressione che si mettesse intenzionalmente poco trucco.

Dopo aver assorbito questi dettagli, distolse lo sguardo, rimproverandosi per la propria idiozia.

La sua scusa per non farle alcune domande in veste ufficiale era l’aspetto poco appariscente della donna, ma le sue azioni sapevano palesemente di flirt.

Lo sguardo sospettoso di Inagaki iniziava a far male.

Il proprietario continuò a preparare il caffè in silenzio, comportandosi come di consueto.

Chiba poté solo sedere e aspettare il suo caffè.

In quel momento, una risata inaspettata ruppe il silenzio.

Poté solo usare lo sguardo per verificarlo, ma come si aspettava le spalle della donna erano scosse dalle risa mentre gli faceva un inchino.


“…chiedo scusa. Stavo ancora pensando a come iniziare una conversazione, e poi lei è andato avanti e si è seduto lì. Allora è vero che non sa bene come comportarsi con le donne, o erede della Casata Chiba?”


L’ispettore Chiba era stupefatto, e non perché lei avesse ragione sulla sua personalità. Non era nemmeno un segreto che fosse l’erede della famiglia Chiba.

Tuttavia, non si era mai fatto pubblicità, né pubblicato foto di sé tramite pubbliche relazioni.

In termini di informazioni pubbliche, suo fratello Naotsugu lo sorpassava di molto.

Oltre a criminali e coloro affiliati con la polizia, le persone capaci di riconoscerlo a vista come Chiba Toshizaku appartenevano a un gruppo ristretto di persone nel mondo.

Cioè, persone che usavano la magia in combattimento.


“Lei è…”

“Piacere di conoscerla ispettore Chiba. Mi può chiamare Fujibayashi Kyouko.”


Questa volta Chiba rimase senza parole.

La figlia della Casata Fujibayashi, famosa per la sua abilità nella magia antica e nipote di Kudou Retsu, uno degli anziani della comunità magica giapponese, era di fronte a lui che gli sorrideva senza riserbo.


◊ ◊ ◊


Era parecchio tempo che il gruppo di Tatsuya non varcava i cancelli della scuola assieme.


“Tatsuya-kun, hai finito con le preparazioni per la Gara di Tesi?”


Nonostante loro otto non ci fossero trovati assieme di recente, la prima a fare questa domanda per qualche misteriosa ragione fu Honoka, che faceva parte del Consiglio Studentesco con Miyuki e faceva il tragitto assieme a Tatsuya ogni giorno.


“Posso solo dire che abbiamo finito questa parte. Dobbiamo ancora pensare ai dettagli, come la preparazione dei modelli per la presentazione e modifiche assortite.”

“Sembra dura. A proposito, Mizuki vi sta aiutando con la costruzione del modello, vero?”


Erika non era parte del Consiglio Studentesco o del Gruppo per le Attività dei Club, ma era comunque bene informata, e ora stava guardando Mizuki.


“Ah, sì. Sto aiutando un senpai del secondo anno. Anche se a dire la verità non sto facendo molto.”

“Abbiamo lasciato il modello interamente a Isori-senpai, quindi ha senso che la maggior parte del personale per la produzione sia composto da studenti del secondo anno.”

“Hm~, allora tu cosa fai Tatsuya?”


Leo colse l’occasione per fare questa domanda a Tatsuya, che stava dando il suo supporto a Mizuki.


“Io calibro le tecniche magiche che dovremo usare durante la presentazione.”

“…solitamente non è il contrario?”

“Davvero? In quanto a produzione di oggetti, credo che Isori-senpai sia parecchio avanti a me.”

“Beh, Kei-senpai dà più l’impressione di essere un alchimista piuttosto che un mago. Suppongo che questo sia lo strumento giusto per il lavoro.”


Vedendo Tatsuya inclinare la testa, Erika sorrise sarcastica e si disse d’accordo.


“Alchimista? RPG?”


Shizuku continuò a tenere la testa piegata di lato.


“Usandolo come analogia, Tatsuya di che classe sarebbe?”


Mizuki fece improvvisamente questa domanda.


“Sarebbe ovviamente lo scienziato pazzo.”[Erika]

“Quello non c’è negli RPG.” [Shizuku]

“Allora, forse un saggio eremita che vive in una terra remota, lontano dalla civiltà, e insegna tecniche segrete.” [Erika]

“Un saggio maestro di arti marziali allora.” [Leo]

“Un mago malvagio che progetta di conquistare il mondo?” [Erika]

“Io credo che Re Demone sarebbe più appropriato.” [Mikihiko]

“No, no, no, dopo aver sconfitto il Re Demone, viene fuori che è lui il vero cattivo che lo manipolava~. Non vi sembra perfetto come boss finale che sbarra la strada al personaggio principale?” [Leo]

“Come mai nessuno pensa che potrebbe interpretare il ruolo dell’eroe?” [Honoka]

“Lascia perdere, Honoka. Dopo tutto, io do un’impressione di malvagità.” [Tatsuya]

“Onii-sama, la forza è la vera giustizia.” [Miyuki]

“Toh, come previsto dalla sorella del Re Demone!” [Erika]


…e iniziò così una vivace discussione.

Nonostante stessero camminando e discutendo come studenti normali, Tatsuya non abbassò mai la guardia.

Dopo aver raggiunto l’incrocio che portava ad alcuni piccoli negozi, Tatsuya si girò nella direzione in cui percepì qualcuno osservarlo.


“Vi va di andare lì?”


In risposta alla proposta di Tatsuya di prendere un’altra strada e avere così più tempo per gestire l’inseguimento,


“D’accordo!”

“Tatsuya sarà probabilmente molto indaffarato da domani.”

“Già. Andiamo a prendere una tazza di tè.”


Le risposte di Erika, Leo e Mikihiko sembravano un po’ troppo entusiaste. Probabilmente avevano in mente un proprio fine.

Tatsuya fece finta di niente e aprì la porta del Café Eine Brise.

Sfortunatamente i loro soliti tavoli da quattro posti l’uno non potevano essere uniti, quindi si sedettero al bancone e al tavolo più vicino a esso.

Al bancone c’erano Tatsuya, seduto tra Miyuki e Honoka, e Mizuki. Al tavolo, Erika era seduta accanto a Shizuku, con Mikihiko e Leo seduti di fronte.

Da un punto di vista esterno, Tatsuya sarebbe apparso come la canaglia con un harem di belle ragazze a servirlo.


“Ah~, benvenuti, benvenuti. Popolare come sempre eh, Tatsuya-kun?”


Eh, dimentichiamo gli sconosciuti, anche il proprietario del locale, che aveva familiarità con il gruppetto, gli lanciò uno sguardo gelido da dietro il bancone.


“Sono sicuro che anche lei sarebbe così popolare se solo si rasasse la barba.”


Tatsuya rispose intenzionalmente con la parola tabù “popolare”.


“È vero. Quella barba è un dannato spreco e la fa sembrare piuttosto vecchio.”


Grazie alla natura innocente (?) di Mizuki, fornì senza volerlo fuoco di supporto.


“Vecchio eh? Mizuki-chan non ha proprio peli sulla lingua.”


La sua barba era totalmente in disordine. Il proprietario del locale sospirò a fondo mentre se la metteva a posto. Nonostante i capelli e la barba brizzolati, non era certamente vecchio come Mizuki lo faceva sembrare; in realtà era piuttosto giovane, di certo non aveva nemmeno trent’anni.

Il fatto che fosse brizzolato era probabilmente ereditario. Dopo tutto era per un quarto tedesco (Eine Brise significava “Brezza” in tedesco, il che scaldava il cuore di Leo abbastanza da renderlo un cliente regolare).

Tuttavia, l’unica traccia della sua discendenza straniera era il colore dei capelli, dato che gli occhi erano neri e il viso magro e angolare da puro asiatico. Nonostante avesse l’aura gentile da bel ragazzo, sembrava che fosse molto attento al suo aspetto e curava molto barba e capelli per creare un’immagine di sé più mascolina.

Ciò nonostante, Tatsuya e compagnia non pensavano che la barba gli donasse molto, ma il profumo di caffè più che compensava per questo. Ovviamente tutti loro ordinarono un caffè.


“Eh… allora parteciperai alla Gara di Tesi.”


Mentre l’acqua si scaldava, il proprietario chiese il motivo per cui non si erano fatti vivi di recente, e rispose annuendo in maniera esagerata.


“Sei parecchio abile nonostante tu sia uno studente del primo anno.”


I sentimenti del proprietario non erano solo quattro chiacchiere per passare il tempo. Anche se egli non poteva usare la magia, il fatto stesso che avesse aperto un negozio sulla strada che conduceva a un liceo di magia implicava che conoscesse qualcosa del mondo dei maghi. A volte, durante le loro conversazioni, riusciva a sorprendere Tatsuya e gli altri con notizie e dettagli che non conoscevano.


“È il turno di Yokohama di ospitare l’evento quest’anno, giusto? La mia vecchia casa è a Yokohama. La gara si terrà al Centro Conferenze Internazionale come sempre, eh? È piuttosto vicino a casa mia.”


Il proprietario del locale continuò a parlare mentre versava il caffè nelle tazze.


“Dove si trova la sua vecchia casa a Yokohama?”


Mizuki fece questa domanda mentre prendeva da lui il caffè per quattro persone, senza farsi servire da una cameriera.


“C’è un café chiamato ‘Rotterbart’ a metà strada a Yokohama Hills.”

“Quindi la tua vecchia casa è anche un café?”

“Già. Se avete l’occasione fateci un salto. Mi piacerebbe sentire un’opinione spassionata su chi serve il miglior caffè tra me e mio padre.”

“Lei è proprio un diavolo di venditore.”


Shizuku riportò il vassoio invece di Mizuki, e offrì questa risposta che fece scoppiare tutti a ridere.

Tatsuya era appena a metà tazza che Erika aveva già finito il suo caffè. Dopo di che rimise silenziosamente a posto la tazza (un segno dell’eccellente educazione ricevuta) e si alzò in piedi.


“Erika-chan?”

“Devo andare alla toilette.”


Dopo aver risposto a Mizuki, si diresse verso il retro del negozio.


“Oh!”


Subito dopo, Leo mise una mano in tasca e si alzò in piedi.


“Scusatemi, devo fare una telefonata.”


E uscì dal locale.


“Mikihiko, cosa stai facendo?”


Lo sguardo di Tatsuya si spostò da Leo, col suo comportamento stranamente cortese, al quaderno (più che altro un piccolo diario) che Mikihiko teneva aperto in mano.


“Uh, beh, ci sono alcune cose che devo appuntarmi, così non le dimentico.”


Dopo aver risposto, Mikihiko iniziò a scrivere e non smise un attimo.


“Verrai scoperto se i tuoi movimenti sono troppo ovvi, quindi vedi di renderli meno cospicui.”


Al che, Tatsuya rivolse uno sguardo penetrante alle spalle di Mikihiko (e non verso ciò che lo circondava), diede la schiena al bancone e continuò a sorseggiare il suo caffè come se nulla fosse.


◊ ◊ ◊


“Signore, vuole divertirsi un po’?”


Nonostante fosse una stradina poco trafficata, a sentire parole simili prima del tramonto l’uomo per poco non lasciò cadere il suo drink.

Girandosi, vide una ragazza con i capelli raccolti a coda, che si sarebbe potuta definire molto bella, in piedi all’incrocio dove stava tenendo d’occhio il retro del café. La ragazza teneva le mani nascoste dietro la schiena e sorrideva felice.

Tuttavia, dopo averla riconosciuta, l’uomo fu preso dall’ansia per un motivo del tutto diverso.


“Cosa stai dicendo? Dovresti avere più riguardo verso te stessa.”

“Ah? Ho solo detto ‘divertirsi un po’’. Che cosa ha capito?”


La ragazza continuava a sorridere innocentemente mentre chinava la testa di lato. Non c’era dubbio, era una delle persone vicine al soggetto da sorvegliare.


“Non prenderti gioco degli adulti. Ora smettila di fare la stupida e va’ a casa.”


Stava sudando mentalmente, quindi l’unica cosa che potesse fare era far finta di niente e continuare a comportarsi come “un adulto irritato dagli scherzi di una ragazzina, e che stava per andarsene”.


“Il sole sta per calare. Se resti in un posto poco trafficato come questo, rischi di incontrare l’Uomo nero.”


Mentre diceva questo, l’uomo diede le spalle alla ragazza.

Solo per fermarsi immediatamente.


“…per Uomo nero intende qualcuno come me?”


Di fronte a lui, un ragazzo muscoloso rise mentre sbatteva minacciosamente il pugno contro il palmo dell’altra mano. Indossava guanti neri.


“Non lo sa? Assassini fantasma si riferisce a 'maghi che casualmente passano di qui'.”


Nell’allegra risposta che la ragazza rivolse al giovane, l’uomo iniziò a sentirsi sempre più preoccupato e si girò ancora.

La ragazza ora impugnava un manganello telescopico e si era messa in guardia.

Sollevò dolcemente il manganello, ma quel semplice movimento bastò a scatenare una violenta pressione da parte della ragazza.

Se avesse abbassato la guardia, quella “pressione” lo avrebbe messo in ginocchio… capì che era lo spirito combattivo della ragazza.

Non era intento omicida, il desiderio di spengere la vita di un avversario, ma il puro desiderio di combattere.


“Paura… allora sei il tipo di donna che rivela la sua vera natura in posti come questo.”


Udì una voce commentare allegramente la situazione.

Non era in grado di verificare la situazione alle sue spalle, ma era certo che il ragazzo avesse parlato con un largo sorriso in viso.


“Aiuto! Al ladro!”


Non aveva vie di fuga, e allora l’uomo decise che tanto valeva chiamare aiuto.

Aveva una certa abilità.

Non era il più talentuoso, ma non pensava di poter essere sconfitto da dei quindicenni.

Ciò nonostante, era nel mezzo di una missione, quindi decise di evitare il confronto se possibile, dato che combattere con loro non avrebbe portato alcun beneficio agli obiettivi della sua missione.


“Wow~, che debole…”

“No, no, credo che dovresti elogiare la sua capacità di giudizio, no?”


L’azione dell’uomo sembrò deludere profondamente la ragazza.

Ma ella non lasciò andare il manganello, né il ragazzo abbassò i pugni.

Nessuno rispose all’appello dell’uomo.


“Ah già, ho dimenticato di dirti che è inutile chiamare aiuto, ok? Dopo tutto, nessuno passa di qui.”

“Più che altro, nessuno può avvicinarsi. Abbiamo posizionato una barriera qui attorno con la nostra ‘comprensione’ come base, quindi non te ne andrai da qui se non ci metti KO, capito?”


Alle parole della ragazza, l’uomo realizzò che nessuno era passato di lì da quando il loro confronto era iniziato.

Avevano capito.

Non aveva altre opzioni.

L’uomo recuperò la tazza che aveva fatto cadere prima e si erse in tutta la sua statura.

Indossava una giacca leggera, e sollevò le mani come a proteggersi la testa, che era ciò che avevano pensato finché non si volse all’improvviso verso Leo e abbassò il braccio sinistro a formare un angolo di 90° all’altezza dello stomaco.


“Umph… la guardia da boxe Hitman Style? Pensavo avessi una qualche arma…”

“Idiota, solo perché non ne ha tirata fuori una non vuol dire che non ce l’abbia!”


Sentendo l’avvertimento di Erika, l’uomo fece schioccare la lingua.

A parte ciò però non pareva preso molto dall’ansia.

Non doveva più far finta di niente.

Non ce n’era bisogno.

Il pauroso uomo di mezza età che aveva appena urlato si era trasformato in un combattente esperto che si stava avvicinando a Leo.

Il suo braccio abbassato si scagliò come una frusta contro Leo e una gragnuola di colpi gli cadde addosso come pioggia sulla terra.

I pugni simili a proiettili si diressero al viso di Leo.

La catena di attacchi continuò senza pausa, il che dimostrò che l’uomo era un lupo e non una pecora.

Tuttavia, né Leo né Erika ne furono sorpresi.

Grazie all’intuizione di Erika, sviluppata attraverso lunghi anni di allenamento, e l’istinto naturale di Leo, avevano già capito che la vera natura dell’uomo era quella di un lupo, anzi, di un segugio altamente addestrato.

Con velocità stupefacente.

Accompagnata da una potenza incredibile.

E, cosa più importante, l’abilità di muoversi a una velocità che sorpassava le capacità fisiche umane senza traccia di magia.

Aveva scagliato dozzine di pugni in meno di dieci secondi senza lasciar spazio per contrattaccare, quindi Leo poté solo muovere le braccia per difendersi.

Alla fine un pugno passò in una crepa della difesa di Leo e si schiantò sul suo volto.

POW! Con un suono simile allo scoppio di un palloncino, Leo fu scagliato all’indietro.

Senza perdere tempo a controllare il risultato, l’uomo si girò immediatamente, e usando la forza centripeta del movimento scagliò un pugnale volante contro Erika.

CLANG. Il suono secco dell’impatto metallico.

Erika aveva usato il suo manganello per deflettere il pugnale.

Dato che aveva mosso il manganello verso l’esterno, c’era un’apertura nella sua difesa frontale.

Senza perdere un attimo, scagliò il pugno sinistro verso la faccia di Erika. Tuttavia, il manganello ritornò in posizione difensiva a una velocità superiore a quella del pugno dell’uomo, che ritrasse l’attacco.

Non solo ritrasse il pugno, tutto il corpo dell'uomo fece un balzo all’indietro. Ma l’istante successivo…


“Gah!”


L’uomo ricevette una violenta spallata da dietro e cadde con la faccia al suolo.


“Ahia, mi hai fatto male. Questo qui non è un normale essere umano. Però non ho percepito alcuna parte meccanica durante il contatto… forse sta usando potenziamenti medici?”


Dopo la spallata, Leo si massaggiò il mento dov’era stato colpito, e mormorò rivolto all’uomo disteso a terra, senza abbassare però la guardia.


“…senti chi parla. Quello che ha appena preso un colpo in faccia ed è in piedi come niente fosse.”


Rispetto all’uomo che, con un lamento, stava cercando di trovare un appiglio, nel dire queste parole Erika sembrava più guardinga nei confronti di Leo.


“Ovviamente. Dopo tutto, in quanto mago, un quarto di me è dovuto ai laboratori di ricerca. Non mi sento di dire che sia tutto merito dei miei geni.”


Leo ridacchiò sarcastico allo sguardo penetrante di Erika, e diede un calcio senza pietà agli arti dell’uomo.


“Ooff”

“Sta giù. Non vogliamo la tua vita. Vogliamo solo sapere perché ci stai seguendo.”


Leo lanciò uno sguardo verso Erika, trovandola del tutto scioccata al suo comportamento barbarico, totalmente diverso da quello di una persona normale, prima di sollevare un piede.

L’implicazione era ovvia.


“…aspetta un attimo… ho capito, mi arrendo… io non sono mai stato… vostro nemico… non vale la pena… essere ucciso per questo…”

“Vero. Se non fossimo stati noi due, il tuo attacco ci avrebbe sicuramente ucciso.”

“Lo stesso… si può dire per voi…”


Intramezzando le sue parola con colpi di tosse, l’uomo si mise seduto.


“Se non avessi rafforzato il mio corpo, quel colpo avrebbe rotto i miei organi interni.”


Il dolore doveva essere quasi del tutto passato, dato che l’uomo riusciva a parlare più fluentemente ora.


“Se non avessi pensato che fossi potenziato, non ti avrei attaccato così.”


Leo rispose con un tono del tutto privo di preoccupazione.


“Ad ogni modo, dato che non sei nostro nemico dacci qualche informazione. Non puoi pretendere che teniamo attiva questa barriera per sempre.”

“Ok. In ogni caso, non desidero attirare l’attenzione su di me.”


L’uomo sembrò buttarsi alle spalle tutto e sospirò di sollievo.


“Inizia col tuo nome, dato che già conosci i nostri.”

"Jiro Marshall."


L’uomo rispose alla domanda di Leo, ma non potevano verificare che fosse il suo vero nome.


“Non posso rivelare i dettagli riguardanti la mia identità, ma posso dirvi che non sono affiliato con alcuna organizzazione governativa. Questo è tutto.”

“Allora sei black ops.”


Ancora una volta, l’uomo non confermò né negò.


“…e allora? Dato che non ci diresti la verità nemmeno se lo chiedessimo, perché non ci parli del tuo obiettivo nonché della situazione attuale?”

“Il mio compito di monitorare gli studenti dei licei di magia ed evitare che tecnologia di magia d’avanguardia cada nelle mani dell’Est. Ho ordine di agire se tecnologia di magia che potrebbe costituire una minaccia militare viene divulgata all’Est.”


All’insistenza di Leo, l’uomo che diceva di chiamarsi Jiro rispose in maniera molto seria.

L’Est era un termine usato dai militari e agenti dell’intelligence degli USNA dopo l’ultima grande guerra. Anche Leo ed Erika sapevano una cosa simile.

Detto ciò, questo non provava che l’uomo fosse legato all’intelligence nordamericana. Per confondere la propria affiliazione, avrebbe potuto usare apposta termini specifici a una certa regione.


“Il tuo datore di lavoro non è qualcuno in questa nazione, giusto? Perché prendersi il disturbo di tutto questo?”


Sentendo l’implicazione scettica nelle parole di Leo, l’uomo scosse la testa incredulo…


“E io che pensavo che l’ingenuità pacifista di questo paese fosse stata curata, anche se non posso applicare lo stesso standard a dei ragazzini… L’equilibrio militare nel mondo non è un problema di una singola nazione. Se le competenze tecniche di questo paese cadessero nelle mani dell’Est, allora il vantaggio tecnologico dell’Ovest andrebbe perso. Che sia la Nuova Unione Sovietica, che ha interesse ha migliorare le sequenze magiche esistenti, o l’Alleanza Pan Asiatica, che pone l’enfasi sul recupero della magia antica rispetto all’avanzamento di quella moderna, tutti stanno cercando nuove applicazioni pratiche di tecnologie di magia per scopi militari. Non solo questa nazione, ma gli USNA e i paesi dell’Europa occidentale hanno rilevato un incremento di spie che mirano all’ingegneria di magia. Anche la vostra scuola è diventata un obiettivo dell’Est.”

“Ingenuità pacifista è un termine vecchio, di decenni fa, e se volevi fare il viscido guardone allora saresti dovuto essere più accorto. Abbiamo scoperto facilmente che ci stavi seguendo, no?”


Irritata dall’atteggiamento compiaciuto dell’uomo, Erika lo attaccò spietata, ma non fece obiezioni ai contenuti del discorso dell’uomo.


“Esattamente. Non sono una spia, ho solo il compito di fermare le loro attività. Dato che non sono vostro nemico, non c’è alcun conflitto di interesse qui.”


L’uomo di alzò e si pulì gli abiti.

In maniera canzonatoria, in realtà il sarcasmo era al 30%, l’uomo spazzolò delicatamente i pantaloni prima di raddrizzarsi. In mano aveva una pistola che poteva facilmente essere nascosta nel palmo. La canna puntata verso Erika


“Tch!”

“Tu!”

“Il fatto che non l’abbia estratta prima è la prova che non sono vostro nemico.”

“…le cose potrebbero mettersi male se usassi una pistola. Lasceresti un sacco di prove.”


Alle parole rabbiose di Erika, l’uomo sorrise in modo eloquente.


“Anche questo è vero. Ora, ho detto tutto ciò che era necessario, quindi permettetemi di dirvi addio. Posso chiedervi di segnalare ai vostri compagni di abbassare la barriera?”


Nonostante il suo tono e atteggiamento canzonatori, non c’erano punti deboli da sfruttare nella sua posizione. Forzare la situazione sarebbe stato un gesto suicida da parte di Erika e Leo.

Con l’avanzamento dei CAD, la magia moderna poteva raggiungere velocità che per certi versi rivaleggiavano quelle delle armi da fuoco. Tuttavia, questo non significava che fossero più veloci delle pistole, e nemmeno veloci come le pistole. Paragonata alle armi da fuoco, che con la pressione di un grilletto potevano sparare proiettili capaci di trapassare il corpo umano, la magia moderna doveva passare dal processo di lettura della sequenza di attivazione e costruzione della sequenza magica. Anche se la magia aveva maggiore versatilità delle armi da fuoco, maggiore potenza di fuoco e poteva dare protezione contro i proiettili, questo era a condizione che la differenza di velocità non fosse un problema. In una situazione in cui un proiettile poteva esser fatale o incapacitante, “un certo livello di differenziale di velocità” diventava la differenza tra vittoria e sconfitta. E questa era la situazione in cui si trovavano.

Mikihiko stava probabilmente monitorando la situazione con la magia. Prima che Erika e Leo potessero rispondere, aveva già eliminato la barriera.


“E così vi saluto. Ah già. Permettetemi di darvi un ultimo consiglio. Per favore dite ai vostri compagni di prestare attenzione all’ambiente circostante tutto il tempo. Non abbassate la guardia nemmeno a scuola.”


Mentre parlava, l’uomo estrasse un piccolo barattolo da una tasca della giacca, premette un pulsante e lo gettò nel mezzo del triangolo che loro tre formavano.

Erika e Leo saltarono indietro allo stesso tempo.

Con una piccola esplosione, un denso fumo bianco si diffuse rapidamente.

I due chiusero gli occhi e si coprirono la bocca, e li riaprirono solo dopo aver giudicato che il fumo non fosse tossico. Ma l’uomo che diceva di chiamarsi Jiro Marshall se n’era andato da tempo.


◊ ◊ ◊


Al Rotbart Cafe presso Yokohama Hills, l’ispettore Chiba e Fujibayashi stavano ancora conversando. Qualcosa aveva colto l’interesse di Fujibayashi, facendola chiacchierare tanto che Chiba non ebbe mai l’occasione di arrivare al dunque con il proprietario del locale. Tuttavia, grazie all’abile parlantina di Fujibayashi, anche Chiba era molto partecipe alla conversazione. Per certi versi, Chiba sentiva che parlare con lei non intralciava l’indagine, ma il suo partner, Inagaki, non sembrava interessato quanto lui.

Proprio quando Chiba stava per scordare il motivo per cui era lì, il cellulare di Fujibayashi squillò. Nonostante il suono non fosse così alto da disturbare gli altri avventori, Chiba lo sentì dal suo posto accanto a lei.

Fujibayashi estrasse uno smartphone dalla borsetta e gettò uno sguardo all’intestazione. Dopo aver letto attentamente il messaggio, si girò e sorrise segretamente a Chiba. Quel sorriso metteva perfettamente in risalto le sue splendide fattezze, al cui confronto il suo trucco ordinario non era nulla.

Il battito di Chiba accelerò a un ritmo poco consono per la sua età.


“Mi scusi ispettore, posso assentarmi un momento?”


Nonostante Fujibayashi non avesse accennato ad alcun altro motivo o significato nascosto, Chiba capì immediatamente che aveva del lavoro cui prestare attenzione.


“Oh, certamente. Nessun problema.”


Si alzò dalla sedia e salutò Chiba con un cenno del capo, diede la sua carta di credito al proprietario del locale e si diresse al parcheggio, dove si trovava la sua auto elettrica.

Sedutasi al posto di guida, Fujibayashi collegò lo smartphone allo schermo sul cruscotto.

Le auto che avevano adottato la schematica di controllo tramite il palmo del pilota non avevano bisogno del volante per sterzare. Era il naturale corso degli eventi per un sistema che incorporava l’accelerazione, la decelerazione e il controllo direzionale. La schematica di controllo tramite il palmo del pilota veniva usata per fornire un’esperienza di guida più diretta e specialmente per evitare punti ciechi cambiando il normale cruscotto con un pannello di controllo (ad esempio un monitor più ampio con funzioni multiple). Con alcune modifiche extra, la capacità tecnologica in macchina poteva rivaleggiare con quella di una workstation casalinga.

Tuttavia, l’auto di Fujibayashi era equipaggiata con un sistema di un livello, o forse parecchi livelli, superiore. Anche se era una piccola auto sportiva da due posti, aveva lo stesso potere di elaborazione di un veicolo di comando militare. Equipaggiata con un sistema di comunicazione molto sensibile e potente, quando Fujibayashi aggiungeva la sua magia, la pura capacità di guerra elettronica a disposizione del mezzo gli faceva certamente meritare il titolo “Veicolo da Combattimento Elettronico”.


“Sembra che gli amici di Tatsuya abbiano avuto qualche problema.”


Non stava mormorando inconsciamente tra sé e sé, ma stava usando quei termini specifici per indirizzare la propria magia. Usando le “connessioni” di Tatsuya come punti di riferimento, stava sovrapponendo la dimensione delle informazioni con la rete di intelligence elettronica.


“Yoshida Mikihiko, un tempo prodigio della Casata Yoshida. Anche se c'è un certo miglioramento rispetto al passato, vorrei che facesse più attenzione alle strade.”


I nomi erano i simboli del corpo vero e proprio, quindi una volta che il nome era stato pronunciato, si poteva rintracciare il corpo fisico. Individui molto legati, cioè persone che sono più vicine mentalmente, possono essere usati come punti di riferimento per la magia usando i loro movimenti, posizione e nomi come variabili specifiche.


“Anche la Magia Antica lascia tracce nel sistema di osservazione.”


Rispetto alla magia moderna, la magia antica, specialmente quella spirituale, era molto più difficile da rintracciare con le videocamere del sistema di osservazione. La difficoltà non era individuare l’invocazione della magia, dato che le telecamere lo avrebbero comunque registrato, ma determinare chi l’avesse invocata. La missione di emergenza che Fujibayashi stava svolgendo al momento, era di sovrascrivere le aree dove la magia era stata registrata.

Anche se cancellare le registrazioni per l’uso improprio della magia non era nei compiti di Fujibayashi, sapeva molto bene che era indispensabile che le persone vicine a Tatsuya non risaltassero troppo. Se avessero attirato troppa attenzione, la preda avrebbe alzato la guardia e non avrebbe continuato l’inseguimento. In altre parole, Kazama e associati stavano usando Tatsuya come esca.


(Anche se dubito che ti importerebbe.)


Con queste parole in mente, la “Strega dell’Elettrone” attivò la sua abilità unica.


◊ ◊ ◊


L’agente straniero chiamato Jiro Marshall smise di correre dopo aver usato le sue gambe potenziate per passare rapidamente da una fermata del bus all’altra. Smise di correre a quella velocità così elevata da attirare attenzione non perché riteneva di essere al sicuro.

Anzi, era proprio il contrario.

Nonostante stesse correndo a un ritmo che nessuno avrebbe potuto sostenere, non importa quanto si allenassero, qualcosa gli era rimasto costantemente alle calcagna. Non aveva verificato cosa fosse quel “qualcosa”, ma Jiro Marshall non era nemmeno sicuro che fosse umano.

Non c’era bisogno di verificare se fosse la coppia di adolescenti di prima. Non era un idiota che permetteva ad avversari con cui era in una situazione di stallo di seguirlo senza saperlo. Che il suo inseguitore fosse un Mago o un essere umano potenziato, era altamente probabile che fosse un nemico. In quanto agente solitario, Marshall non aveva una squadra per la sua missione. Se anche avesse ricevuto rinforzi inaspettati, gli sarebbe arrivato un messaggio anzitempo per evitare fuoco amico. Tuttavia, dall’inizio della missione non aveva ricevuto alcuna informazione del genere.


(Dove ti stai nascondendo?)


Marshall abbassò leggermente il capo per concentrarsi sull’udito e, usando la sua vasta competenza, iniziò a cercare l’“aura” del suo inseguitore: l’aspetto più critico del suono in tre dimensioni. Era impensabile che non riuscisse a scovare l’uomo che lo stava seguendo, anzi, inseguendo. Anche se era nascosto, sarebbe riuscito a trovarlo, Marshall ne era convinto.

Sfortunatamente, la sua previsione era del tutto sbagliata.

Percependo improvvisamente un’“aura” inaspettata, Jiro Marshall sollevò la testa di scatto.

Di fronte a lui vi era un giovane uomo, avvolto nel silenzio.

Solo in quel momento si accorse che ogni rumore di fronte a lui era stato totalmente smorzato. Marshall era riuscito a percepire fisicamente il pericolo solo grazie al suo istinto.

L’uomo era eccezionalmente alto e ben piazzato, ma il suo aspetto era orientale. Indossava abiti poco appariscenti: un paio di pantaloni da tuta grigi e una giacca grigia con sotto un pullover nero. Non aveva tratti somatici particolarmente attraenti o brutti. All’apparenza era senza dubbio umano, ma Marshall sentiva di trovarsi di fronte a una bestia divoratrice di uomini.

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Alla vista del volto del giovane, Marshall si ricordò di chi fosse.


“La Tigre Divoratrice”


In realtà non si erano mai incontrati prima, dato che questa era la prima volta che lo vedeva faccia a faccia.


“Lu Gonghu…”


Il nome del suo avversario gli uscì involontariamente dalle labbra. Era in cima alla lista di obiettivi a cui gli era stato detto di fare attenzione durante il briefing pre-missione. Si diceva che avesse il più alto numero di uccisioni in combattimento corpo a corpo nell’intera Alleanza Pan Asiatica; era un individuo di livello S appartenente alle forze speciali dell’Alleanza Pan Asiatica

Quando Marshall si riprese, aveva già alzato la mano destra per puntare la pistola contro Lu Gonghu. Un riflesso condizionato frutto di innumerevoli ore di allenamento: il corpo di Marshall aveva sorpassato da tempo le sue abilità mentali.

Tuttavia, non premette mai il grilletto.

Ancor più veloce dei suoi riflessi, Lu Gonghu aveva perforato il braccio di Marshall. Con il pollice del suo avversario che gli dilaniava il polso, l’arma gli sfuggi di mano.

Marshall poté solo guardare con sconcerto la sua pistola cadere a terra.

Quando gli aveva perforato il polso? E da quando era in piedi accanto a lui?

Marshall non aveva nemmeno percepito il movimento di Lu Gonghu.

Mentre la sua coscienza veniva avvolta da un dolore che sopraffaceva la sorpresa, la sua vita era già scivolata nell’oscurità eterna.

Lu Gonghu estrasse rapidamente la mano destra dalla gola di Marshall.

Anche se le sue dita erano macchiate di rosso, poco sangue uscì dalla ferita.

Con la mano sinistra Lu Gonghu estrasse della carta dalla tasca e si ripulì la destra. Dopo di che gettò sul cadavere la carta macchiata di sangue, che prima di posarsi sul corpo assunse le dimensioni di un fazzoletto.

Improvvisamente, la carta insanguinata prese fuoco, con fiamme più rosse del sangue che dal centro divamparono verso l’esterno in modo circolare.

Niente esisteva all’interno del cerchio. Che fosse la cenere della carta bruciata, gli abiti del cadavere o la sua carne: non rimase nulla.

Dopo che le fiamme ebbero consumato la carta, iniziarono ad avvolgere il cadavere.

Vedendo il corpo svanire, Lu Gonghu si girò per andarsene.

Non vi era alcuna presenza umana in quel luogo. Che fossero voci o passi, non c’era traccia che qualcuno fosse mai stato lì.

L’unica testimone di quella scena era la telecamera rotta che penzolava desolata vicino all’incrocio.


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